Chi siamo

SALESIANI COOPERATORI - MONSERRATO
LE ORIGINI - DON BOSCO E LA NASCITA DEI COOPERATORI
da: " I Cooperatori Salesiani - un po' di storia" (Ceria)

1. Che cosa facevano i primi cooperatori
Facevano catechismo, scuola, assistenza nelle funzioni e nella ricreazione. Guidavano i ragazzi nel canto, li preparavano ai sacramenti. In cortile mantenevano l'ordine, accoglievano con amorevolezza i fanciulli quando arrivavano all'Oratorio. Li invitavano a giocare indicando loro il luogo adatto per potersi divertire…
2. La necessità di una struttura
Don Bosco intuisce l'importanza di associare i laici collaboratori, perché cooperino alla salvaguardia della religione. L'intuizione di Don Bosco è: "le forze deboli, quando sono unite diventano forti, e se una cordicella presa da sola facilmente si rompe, e assai difficile romperne tre unite. Noi cristiani dobbiamo unirci in questi difficili tempi, per promuovere lo spirito di preghiera e di carità e così rimuovere o almeno mitigare quei mali, che mettono a repentaglio la gioventù".
Per dieci anni egli ha considerato i Cooperatori "aggregati" al gruppo dei primi salesiani, formando con loro un'unica "Società di S. Francesco di Sales".

IDENTITA' DEL COOPERATORE
Il Progetto di Vita Apostolica (PVA) delinea gli elementi fondamentali dell'essere Salesiano Cooperatore.
A) È un cristiano che cammina in modo cosciente e convinto verso una "misura alta" della vita cristiana.
B) È chiamato (vocazione). Lo Spirito Santo ispira e conduce verso una scelta.
C) È un laico (secolarità). Vive e testimonia la sua fede immerso nel mondo, in un contesto difficile.
D) È un salesiano (salesianità). Il suo essere cristiano ha una coloritura speciale che è quella di don Bosco. Partecipa quindi attivamente alla missione salesiana - ama i giovani - con spirito, stile di vita e metodo salesiano.
E) È associato (fraternità-corresponsabilità). Diventa parte di una struttura organizzata, cui dona e riceve. Entra nella Famiglia Salesiana in cui avrà un suo ruolo di corresponsabilità nella comunione.
F) È nella Chiesa (ecclesialità). Il Cooperatore è pienamente inserito nella Chiesa locale e universale, di cui vuole mettersi al servizio.

A) CRISTIANO CATTOLICO
1. Essere cristiani vuol dire camminare verso la SANTITÀ.
Chiedere a un catecumeno: "Vuoi ricevere il Battesimo?" significa al tempo stesso chiedergli: "Vuoi diventare santo?". Non pensiamo a dover fare una vita straordinaria; dobbiamo cercare invece di farci santi nella nostra vocazione di Cooperatori.
2. Essere cristiani vuol dire pregare
È necessario prima di tutto imparare a pregare, chiedendo: "Signore, insegnaci a pregare!" (Lc 11,1).
3. Essere cristiani vuol dire incontrare Gesù nell'Eucaristia
Eucaristia: sia veramente, per ogni battezzato, il cuore della domenica.
4. Essere cristiani vuol dire incontrare Gesù nel sacramento della Riconciliazione
Ritrovare in noi stessi il "senso del peccato", riservandoci il tempo per la Confessione periodica, andando contro le abitudini e la mentalità del nostro tempo.
5. Essere cristiani NON è FACILE
Papa Benedetto XVI: "Vivere nella fede in Gesù Cristo, vivere la verità e l'amore implica rinunce ogni giorno, implica sofferenze. Il cristianesimo non è la via delle comodità, è piuttosto una scalata esigente, illuminata però dalla luce di Cristo e dalla grande speranza che nasce da Lui".
6. Essere cristiani richiede una coerenza di PENSIERO
Nella confusione che regna oggi abbiamo una sola garanzia: seguire il Papa, che è il diretto successore di Cristo. Ricordiamo le parole di don Bosco: "Io sono col Papa, sono cattolico, obbedisco al Papa ciecamente. (….) Se vogliamo essere cattolici, dobbiamo pensare come pensa il Papa". (Don Giovanni Bosco, Storia Ecclesiastica, 1870).

B) CHE HA UNA VOCAZIONE - È STATO CHIAMATO
Dio ci ha amati per primo e noi rispondiamo in obbedienza con il nostro "sì". La presenza tra i giovani è importante per la nostra vocazione, ma diventa significativa solo se diventa annuncio di Cristo (rif. Strenna RM 2010).
Il nostro "sì" non l'abbiamo detto una volta solo, trenta anni fa, o dieci, o anche un mese fa, ma siamo chiamati a dirlo ogni giorno, chiedendoci: "Signore, che vuoi che io faccia?". Di fronte a questa urgenza della mia realtà: "Che vuoi che io faccia?". Di fronte ad un bisogno dei giovani del mio oratorio: "Signore, che vuoi che io faccia?". Quando si tratta di mettere in fila gli impegni di famiglia, di lavoro, e un servizio di cui i Salesiani avrebbero bisogno: "Signore, che vuoi che io faccia?".

C) È UN LAICO
"Qualunque persona anche vivendo nel secolo, nella propria casa, in seno alla propria famiglia può appartenere alla nostra società. Egli non fa alcun voto; ma procura di mettere in pratica quella parte del regolamento, che è compatibile con la sua età, stato e condizione". "Costoro, facendosi Cooperatori Salesiani, possono continuare in mezzo alle loro ordinarie occupazioni, in seno alle proprie famiglie, e vivere come se di fatto fossero in Congregazione; qui si ha per fine principale la vita attiva nell'esercizio della carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolante" (Regolamento di Don Bosco).
Don Bosco ci insegna a vivere da laici la povertà, castità e obbedienza, partecipando alla stessa missione giovanile salesiana e curando responsabilmente la propria crescita spirituale.

D) SALESIANO
Missione: rimboccarci le maniche per i giovani ("… la cosa più divina è cooperare con Dio a salvare le anime").
Assistenza - desiderio di stare con i ragazzi, di pensare "Qui con voi mi trovo bene". Vuol dire presenza fisica, là dove essi passano il tempo: è una responsabilità affettuosa che si esprime anche in vicinanza spirituale. Questa assistenza si manifesta con la capacità di "saper parlare al cuore", in maniera personale, cogliendo quegli aspetti che più occupano la mente dei ragazzi e che riguardano la coscienza, la profondità, la loro esperienza di Dio.
Farci santi insieme: educatore e giovane - Don Bosco raggiunse la santità personale essendo educatore. Così riuscì a educare ragazzi santi. Lui aveva scoperto e vissuto il rapporto tra santità ed educazione.
Ai Cooperatori, che vivono da laici gli impegni di famiglia e di lavoro, è chiesto un vero e proprio sacrificio. Sappiamo che ad una certa età ci costa "essere fisicamente" tra i giovani, ci costa farci vicini e sentire simpatia per loro. Ma questo sforzo rientra nell'obbedienza a Dio, che donandoci questa nostra vocazione, ci ha chiamati, come don Bosco, a tenere sempre vivo dentro di noi il desiderio dell'incontro con i giovani.

E) È ASSOCIATO - APPARTENENZA
Importanza del legame che si crea in un gruppo strutturato: aiuto spirituale tra i componenti, preghiera e pratiche comuni, sostegno reciproco e correzione fraterna. La stessa missione, la stessa passione per l'evangelizzazione dei giovani è un altro mezzo potente per creare una profonda comunione.
L'appartenenza è visibile
Siamo invitati a vivere la comunione fraterna nel nostro quotidiano, restando in comunione di pensiero, di affetto e di preghiera con gli altri Cooperatori. Ma tutto questo non esprime l'appartenenza. Per poter dire di appartenere veramente ad un'associazione è necessario darne segni concreti. Importanza dei momenti di vita associativa. Se riteniamo l'Associazione una parte importante della nostra vita, saremo disposti a qualunque tipo di sacrificio pur di esserci, ma se perdiamo questo "gusto" allora sarà facilissimo trovare delle scuse per non partecipare.
Sostegno della propria vocazione
Chi non partecipa concretamente alla vita dell'Associazione, rischia molto sul piano della fedeltà alla propria Promessa. Chi è presente in Associazione, potrà attingere sempre quella linfa vitale che viene dalla vita del Centro: avrà occasione di confrontarsi, di riflettere, di condividere, di chiarirsi e di superare anche momenti di crisi.

F) INSERITO NELLA CHIESA
Si tratta inoltre di un'esperienza di comunione ecclesiale, perché ogni gruppo di Cooperatori tende a creare una sempre più autentica e intensa comunione per essere "fratelli e sorelle". Così costruiamo una porzione di quella "famiglia di Dio" che è la Chiesa.

                                             Giornata del Cooperatore - Selargius 15/11/2009. Intervento di Ivo Borri (consigliere mondiale ASC)

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